Basler Morgenstreich 1999

A Basilea, la cartina non serve. Per lo meno non serve alle 3:30 di questa piovosa notte di febbraio. E' sufficiente seguire la folla, fuori della stazione e poi via via verso la citta' vecchia. Il pigia pigia si fa sempre piu' fitto mentre sfiliamo a fianco della fontana, poi davanti al municipio dalla facciata rossa e dalle torri coi tetti a spiovente che grondano acqua e nebbia. Ben presto diventa impossibile proseguire, e non ci resta altro da fare che tirare il cappello sulle orecchie e rigirare la sciarpa alla ricerca di un angolino che non sia fradicio.

Il buio. Di colpo, tutte le luci si spengono. Istintivamente, guardo l'orologio: le quattro in punto. "Evidemment", commenta il mio compagno. Rullano i tamburi. Sbucando d'in mezzo alla folla un gruppo di esseri pelosi e arruffati, gli sguardi attoniti e le bocche enormi, ghignanti, appare alla luce incerta e beffarda di una lanterna dipinta. Poi due, dieci, venti luci si accendono intorno alla prima, spandendo riflessi multicolori su una zazzera, un becco, un grugno.


 
I flauti incominciano a suonare, e il corteo surrealista prende ad avanzare verso di noi. Abbiamo appena il tempo di farci da parte, e subito un altro rullo di tamburi alle nostre spalle ci fa sobbalzare.

Cerchiamo rifugio ai margini della strada. I flauti cadenzati dai tamburi riempiono la notte del ritmo di una fanfara che vibra e si espande, ripresa e trascinata e lasciata cadere dalle clique che si incrociano, lanterne contro lanterne, tamburi contro tamburi, gli sguardi assenti delle maschere emergenti a tratti nella ieratica fissita' di un istante.

 


 
 
Poi la magia ci prende e ci troviamo a seguire una lanterna, mentre da ogni parte gruppi di luci variopinte e frastornanti assumono un volto ammiccante prima di tornare a perdersi, col loro gruppetto di accoliti, nel dedalo delle vie.
 

 
Il Carnevale ci trascina cosi' come il pifferaio di Hamelin, fino a quando il rigore del mattino non ha il sopravvento e ci lasciamo sedurre dal tepore di un bistrot. Quando ne usciamo, in bocca il sapore della Mehlsuppe, sono ormai le sette. Il mattino strappa la bruma dal letto del Reno e la spande sulla citta', che ancora risuona della stessa, molteplice danza, un poco stanca, forse, adesso. Ma la malinconia ha poca presa, e di nuovo stiamo marciando dietro i tamburi, ridendo, adesso, perche' di giorno il re e' nudo, le carrozze ritornano zucche e il camion del latte si lascia dietro, ahime', una scia di gasolio...
 

 


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